Supra u ponti (sopra il ponte) Si intendeva indicare la parte di via Gramsci che taglia l'odierna Via Circunvallazione (già via Vecchia e già Via Circunvallazione Salvatore Sturiale) quel tratto di strada in effetti fino agli anni settanta era un ponte ad arco che attraversava il sottostante torrente che costeggiando la via Vecchia di allora arrivava fino al mare.

O' scurciatu: u scurciatu era una chiesa sconsacrata antestante la spiaggia a trenta metri circa del vecchio faro. Qualcuno l'identificò come L'anticaglia di S. Giovanni di cui si trovano tracce in vecchi documenti ma i pareri sono discordi. Dell'edificio in stile romanico é rimasto solo un piccolo arco all'interno del cortile del condominio che fu eretto dopo il suo abbattimento.

U castellu da chiana a chiazza: (il castello della piana della piazza): Ci si riferisce alla vecchia torre ed alla cinta bastionata voluta dal vicerè di Sicilia Eustachio che sorgeva limitrofa alla piazza sita all'inizio di via Lavie Fuille (di fronte l'odierno porto dell'Etna) fino all'inizio di via Cascino. La piana della piazza era attigua e sul lato sud v'erano le carceri e la stalla. Abbattuta per far posto ad un complesso residenziale sul finire degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta oggi vi è posta lapide su muro dell'edificio dopo costruito.

Passasti da Marranca? (Sei passato da Marranca?) Marranca era chiamato un signore che gestiva una tabaccheria in Via Archimede dove si giocava pure il lotto, ubicata vicino al comune nei pressi della chiesa madre (S.Pietro). Si diceva che  quell'esercizio fosse  "baciato dalla fortuna" e che dispensasse i suoi benifici pure ai clienti. Pare che la "storiella" fosse stata creata ad arte dal furbo gestore per farsi pubblicità ed incrementare le entrate.

Sì pagghiarotu: (vieni dalle pagliare) I Pagghiara (le pagliare) era un quartiere con delle misere abitazioni dai tetti in paglia che sorse agli albori di Riposto a nord della chiesa della lettera (l'odierno quartiere Immacolata). Con l'espandersi del paese i Pagghiara restò per molto tempo un quartiere periferico, povero e con notevoli disagi. L'espressione si usava (poco felicemente) in senso dispregiativo atta ad indicare qualcosa di retrogado. 

Quannu u tempu è di marina pigghia u saccu e o' macina quannu u tempu è di muntagna pigghia a zappa e o' varagna...  "quando il tempo (in senso meteo) viene dalla marina prendi il sacco e vai alla macina; quando il tempo vien dalla montagna prendi la zappa e vai a guadagnare". Questo è un detto tipico meteorologico locale ed é basato sulla posizione geografica di Riposto. Riposto infatti ad est viene baciato dal mare mentre ad ovest primeggia l'Etna ('a muntagna).Praticamente l'espressione recita che quando le nuvole diventano nere ad est, sono nuvole da levante, spesso di scirocco e portano acqua; quindi è meglio rimanere a casa a fare altre cose come macinare il frumento che sta nel sacco. Se invece le nuvole anche se nere, provengono dalla montagna cioé da ovest, sono nuvole da ponente e raramente portano pioggia così tranquillamente si può andare a lavorare i campi. Il detto naturalmente è molto antico  figlio del contesto del periodo e fa propria la terminologia riferirita ad un ambiente rurale e contadino.

Si' comu u figghiu di don Grioli...ca zoccu vidi voli ... (sei come il figlio di don Grioli che ciò che vede desidera...): Don Grioli era un ipotetico personaggio della cultura popolare che aveva un figlio il quale teneva un handicap fisico (qualcuno lo vuole muto, qualcuno zoppo). Il genitore che voleva molto bene al figlio ed in pena per il suo stato, gli concedeva tutto. Il figlio capriccioso e viziato, avendo percepito la "bebolezza" del padre ne approfittava così tutto quello che chiedeva, dal padre veniva esaudito. E' infatti un modo per dire di persona viziata e capricciosa.

A strata du macellu (la strada del mattatoio): Si intendeva l'attuale via Mario Rapisardi. U macellu era il vecchio mattatoio di Riposto che sorgeva dove oggi è sita Piazza Arcidiacono e cioè all'angolo fra le vie M.Rapisardi, Flli Roselli e Duca del Mare. Il mattatoio fu trasformato nell'odierna piazza agli inizi degli anni settanta.

A cupula di ferru (la cupola di ferro): trattasi della parte finale di un casotto interrato ch'era postazione  di artiglieria a piccola e lunga gittata usata dai tedeschi nella seconda guerra mondiale. Si trovava sul lungomare E. Pantano che congiunge Riposto alla frazione di Torre Archirafi a breve distanza transitando verso nord, dall' ex Ostello della gioventù. Tutt'oggi ancora ne esistono i resti.

A villa di "cacadinari" (la villa di cacadenari): Si indicava così "Villa Sara" una bellissima villa che si trova ancora oggi in via A. Cascino angolo via Regina Elena. Negli anni 70 e per circa un decennio la villa ospitò un Istituto scolastico professionale. Negli anni è ritornata ad essere usata come abitazione, dopo l'acquisto da parte di privati.

U vadduni da Scamacca (il vallone di Scammacca): u vadduni da Scammacca era un piccolo torrente che partendo in origine a monte della ferrovia di Giarre Riposto scendeva fino a via Libertà a Riposto (l'odierna via Granata). molti credono che il torrente scammacca sia invece quello che taglia via Piersanti Mattarella a sud della linea circumetnea. La confusione nasce proprio dalla "fama" avuta dal torrente grazie a Franco Battiato che lo cita nella stupenda e famosissima stranizzi d'amuri. L'illustre artista ripostese infatti canta no vadduni da scammacca i caritteri lassaunu i loro bisogni... (nel vallone di scammacca i carrettieri lasciavano i loro bisogni...) e subito dopo continua jeumu a caccia di lucertuli e a litturina da circumetnea...(andavamo a caccia di lucertole e la vettorina della circumetnea...). Battiato parla di circumetnea ma probalbilmente non è legata al ricordo del vadduni oppure si riferisce e sarebbe corretto, alla circumetnea a Giarre vicina e più  ad ovest della stazione ferroviaria ed in effetti da lì forse aveva inizio il corso del torrente.

A casa unni durmìu u musicista tedescu: (La casa dove ha dormito il musicista tedesco) La storia racconta che nel 1882 il grande compositore tedesco Richard Wagner abbia visitato Riposto pernottando nella casa dell'attuale dogana dove vi è posta una lapide a ricordanza dell'evento. La leggenda narra che al mattino al risveglio, il genio tedesco rimase ammaliato dall'alba ripostese con il sole che si levava dalle incantevoli acque dello jonio (come egli stesso definì il nostro mare) e ne fu tanto colpito che ebbe l'ispirazione per il Parsifal. 

O' canniteddu (al cannetello) U canitteddu è chiamata la parte finale del torrente che taglia il lungomare E.Pantano a circa 150 a sud dell'attuale caserma dei Vigli del Fuoco. Deve il suo nome alle macchie di canne che spontanee crescono sul suo greto dovuto alla presenza d'acqua a poca profondità. Nei primi anni settanta un gruppo di ragazzi che militavano nella S. Luigi Calcio non avendo un campetto a disposizione per le loro partitelle quotidiane a pallone, si attivarono e ripulirono il greto nella parte finale del torrente, adibendolo allo scopo. La notizia si diffuse ed ai "volenterosi ed intraprendenti ragazzi" se ne aggiunsero tanti altri ed u canniteddu divenne luogo ricreativo e di svago dell'epoca.

 

A nonima l’ havi Pagghiaru (la nomea l’ha Pagliaro)

 

   Tale detto veniva citato a Riposto per dire di qualcuno innocente che veniva accusato di un qualsiasi misfatto. Nella tradizione popolare si narra di tale “Pagghiaru” (non si sa se questo fosse nomignolo o il vero nome dell’uomo) che era solito compiere furti di galline.

   Il povero Pagghiaru rubava per necessità e con certa frequenza finiva ospite delle patrie galere. Succedeva talvolta però, che i furti avvenivano anche quando il povero Pagghiaru stava ospite delle patrie galere. Malgrado questo se ai derubati si chiedeva se nutrissero sospetti su chi potesse essere il ladro, loro rispondevano quasi sempre:  

- appi a essiri ddru brigante di Pagghiaru!.- (deve essere stato quel brigante di Pagghiaru).

Da qui il detto popolare. La storia che “sposa” leggenda però continua sostenendo che i furti di pollame fossero effettivamente portati a termine dall’uomo; questi in accordo col secondino lasciava di notte il carcere per poi rientrare a furto avvenuto. I due poi in complicità dividevano il “malloppo".

   Non esiste certezza storica che avalli la veridicità del detto ma in effetti pare che ai tempi ci fosse un poveraccio che rubava per fame finendo spesso e volentieri nelle càrzira (carceri) della torre di Lavfuille e pare che il suo nome fosse Jano (Sebastiano) Pagliari o Pagliaro detto comunemente Pagghiaru.

Oggi pure il ricordo di proverbi, di modi di dire legati al nostro passato, al nostro paese, vengono obliterati dal tempo ma anche in essi per quanto piccola e fugace possa essere, vi è racchiusa parte della nostra storia, della nostra identità: quell’identità che nella saggezza e nel richiamo di un vecchio detto, spesso attribuisce nome e radici…

  

 

"A comu tu tummi!?"

Era un'espressione per dire che si stavano dicendo delle castronerie; stava per: <ma che dici sei ubriaco!?> La metafora infatti era connessa al vino in quanto modo a dire " ma quanto ne tracanni di vino per parlare così..." .Era un modo di dire popolare alla fine anni sessanta - anni settanta.